PREMESSA

I proverbi, i modi di dire e la loro forma

(Cit. di Bruno Santino Pezzuolo da “Proverbi Liguri”)

È importante capire l’importanza ed il valore intrinseco dei modi di dire popolari, dei proverbi, che non sono semplici “battute” per lo più ironiche e che molte volte sembrano addirittura cadere nel volgare, ma bensì vere e proprie “perle di saggezza popolare”. Detti che rivelano fortemente la grande saggezza dei nostri avi, e riservano forti motivi di meditazione.

«[…] I proverbi sono l’università dei poveri, la sapienza degli umili, la filosofia dei vinti. […] Il proverbio è ciò che il povero, il vinto, ha distillato nella riflessione, nella accettazione, ma mai nell’assuefazione della vita così com’è. Non può cambiarla, ma può coprirla di ironia, ed è una grande soddisfazione questa, soprattutto per un popolo come il nostro, che ha sempre “navigato” con cinque lire di meno, ma con il “mugugno”.»

(cit. di Andrea Gallea, dalla prefazione del volume:”Gocce di saggezza popolare”)

Frasi molto ricorrenti nella parlata alassina, oggi ormai in disuso, se non dai pochi anziani del luogo rimasti, ma che è importantissimo conoscere e soprattutto capirne le circostanze in cui debbano essere pronunciate.

Sono da considerarsi la bellezza, la vera essenza della nostra parlata; non si può pensare di parlare il dialetto senza conoscerle e comprenderle.

Certo in esse sono spesso contenuti termini e parole che ormai quasi più nessuno pronuncia o conosce, persi ormai nel tempo ma da riscoprire assolutamente, poiché fondamentali per assaporare tutte le sfumature, anche poetiche se vogliamo, del nostro dialetto.

A tal proposito vi è una composizione di uno dei maggiori esponenti della poesia dialettale alassina, Antonio Boscione, dal titolo “U me dialettu”, che racchiude tutta l’essenza di quanto detto in questi pochi versi:

«… povero di parole come noi
questo mio dialetto, messo da parte
e tirato fuori solo nelle occasioni
dove si parla poco per dire tanto.»

“Dire tanto parlando poco” …
racchiudere un concetto ampio in poche parole, in una “battuta”, in un pensiero breve, quasi come in un’arcaica forma di ermetismo.

Qualcuno pensa a termini troppo “coloriti”… “sconvenienti”.

«[…] I Genovesi, anzi Liguri, sempre hanno bestemmiato poco, ma quanto a parlar “grasso” possono forse rivendicare una sorta di primato nella penisola […]»

(Cit. da “e parolle do gatto” di Michelangelo Dolcino)

Ecco così giustificate alcune frasi che possono sembrare quantomeno impertinenti se non volgari.

«Ma essendo questa e nella forma più genuina la nostra parlata, altro non rimane che auspicare che tale modo di esprimerci sia benevolmente considerato “pittoresco” in omaggio a noi Liguri e al nostro particolare… senso dello “humor”.»

(Cit. da “Gocce di saggezza popolare” di Gianni Croce)

Leggiamone insieme qualcuno

Di seguito alcuni esempi di detti popolari, tratti dal libro succitato “Gocce di saggezza popolare”, correlati di approfondita spiegazione che mostra chiaramente la profondità di certi concetti, anche se espressi in modo semplice, popolare appunto, spesso in chiave ironica e con termini, come dicevamo pocanzi, piuttosto “coloriti”, molti dei quali ormai purtroppo desueti:

Se si usa l’espressione “U l’è delongu in te ‘na gnagnuŗa” (è sempre in una lamentela), si valorizza il termine “delongu” oggi spesso sostituito da “sémpre” e si riscopre il vocabolo “gnagnuŗa” (lamento-lamentela) oltre che a determinare un concetto.

Ecco un altro e comune “modo di dire” riferendosi alle persone: “U l’è vegnüu ümeŗu cumme a séa” (è diventato soffice come la seta”) ma poiché ciò di per sé ha poco senso, la fantasia popolare con tale espressione vuol riferirsi a persona arcigna e di esecrabile comportamento che, a seguito di una sonora lezione, ha dovuto passare a più miti consigli… e si riscoprono i termini “ümeŗu” (soffice) e “séa” (seta).

Quest’ultimo è invece uno di quei detti che il caustico ed ironico umorismo popolare ne è l’elemento principale: “Avé a cricca molla” (avere la serratura che non tiene), caratterizzando e con preciso riferimento, chi ha continua e impellente necessità di urinare. Il termine “cricca” (serratura) può anche definirsi e in altro contesto “ciavaüŗa

Visto, come in soli tre detti, quanti termini e concetti si possono ottenere!


U nosciu dialettu

U nosciu dialettu, “l’Aŗascin”, u l’è nomma parlau in ҫitai e in te soe frasiùi; u l’è ün di dialetti liguri du cèntru da Riveŗa de punènte e a so parladda a s’è sviluppò asquoxi indipendèntemènte da-e autre di paìsi vixin.


Anche se u l’è u mèximu in te tüttu u territoŗiu aŗascin, a partì da-a Cöscia, u burgu de levante, fina a Baŗüssu, u burgu de punènte, cumme in te frasiùi de Möiu, Surva e Cosu, da ün postu a l’autru, tante vote, in tu parlò, se trövan de belle differènse in ta prununsia, e eiscì in te quarche paŗolla diversa.

U s’assemea a quelli di paìsi ciü vixin de Laiguea e Arbenga, cumme eiscì ai autri dialetti liguri de punènte, ma u se distingue da tutti pe tante paŗolle e moddi de dì tipicamènte du lögu.

E lasciaine dì, cun in po’ de presimì, che… pe nui d’Aŗasce, “l’Aŗascin” u l’è e u saŗà delongu, “u ciü bèllu parlò da-a Riveŗa.”
Il nostro dialetto

Il nostro dialetto, “l’Alassino”, è parlato solamente in città e nelle sue frazioni; fa parte dei dialetti liguri della Riviera centro-occidentale e la sua parlata si è sviluppata quasi indipendentemente dalle altre dei paesi limitrofi.


Anche se è lo stesso in tutto il territorio alassino, a partire dal borgo Coscia a levante fino al borgo Barusso a ponente, come nelle frazioni di Moglio, Solva e Caso, da una località all’altra, spesso, nel parlare, si notano sostanziali differenze di pronuncia e anche qualche parola diversa.

Si assomiglia a quelli dei paesi più vicini di Laigueglia e Albenga, come pure agli altri dialetti liguri di ponente, ma si distingue da tutti per tanti termini e modi di dire tipicamente del luogo.

E lasciateci dire, con un po’ di presunzione che… per noi di Alassio, “l’Alassino” è e sempre sarà, “il più bel parlare della Riviera.”

In te sta pagina, ün pocu particulare, auŗeŗescimu rènde unure au nosciu dialéttu aŗascin, mettèndughe drentu, ogni primmu du mese, üna frase, ün pruverbiu, üna masscima, ün moddu de dì, üna filastrocca, ün scioglilengua, o ün induvinéllu scritu in tu veŗu dialettu d’Aŗasce e piau da-a saggessa pupulare di nosci veggi.

A vui a tradussiùn … tantu pè scampove ün pò!

Si avé füga
avé sbagliau Bitega
Se avete fretta
avete sbagliato bottega
A chi u l’ha famme
u pàn u ghe po’ salamme
Per chi ha fame
il pane sembra salame
Sciûsciò e sciorbî
no se pêu
Soffiare e sorbire
non si può
Bòxiu de màn,
s’u nu te futte ancöi u te futte dumàn
Bacio di mano,
se non ti frega oggi ti frega domani
Çerca u bèn,
che u mò da sulu u vèn
Cerca il bene,
che il male viene da solo
Da Diu u vèn e grassie,
da l’ommu e disgrassie
Da Dio vengono le Grazie,
dall’uomo le disgrazie
La prossima ogni 1 del mese
La gran parte del contenuto è stato tratto dal Libro edito da AVA
“GOCCE DI SAGGEZZA POPOLARE (e non solo…)”
a cura di Gianni Croce
finito di stampare nel mese di aprile 2010

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